Le controversie cristologiche e il
concilio di Efeso
Dopo il Concilio di Costantinopoli
sorsero nuovi conflitti a proposito della definizione del rapporto tra natura
umana e natura divina in Gesù Cristo. Apollinare di Laodicea si mantenne fedele
alla divinità di Cristo ma, allo scopo di salvaguardare tale divinità, sostenne
l'idea secondo cui il Logos, nel 'farsi carne', ha assunto non già un uomo
‘intero’, bensì una natura umana incompleta, priva cioè dell'anima. Alle sue
funzioni nei confronti del corpo provvedeva in Gesù Cristo il Logos. E' il
Logos che domina, guida e dirige direttamente la natura umana; Gesù Cristo
quindi non è intaccato dalla debolezza che nell'uomo è conseguenza del peccato.
Ma contro Apollinare si disse che Cristo ha salvato tutto l'uomo! Questo
criterio della garanzia di salvezza svolse un ruolo decisivo nella cristologia
della chiesa antica.
Ma in questo problema erano
contenuti in germe i conflitti teologici che avrebbero lacerato la chiesa nei
decenni successivi, a proposito dell'oscura questione dei rapporti tra
l'umanità e la divinità nella persona di Gesù Cristo.
Il vescovo di Costantinopoli
Nestorio, che proveniva da Antiochia (la scuola antiochena riteneva la divinità
e l'umanità in Cristo separate fra loro; la scuola alessandrina sottolineava
l’unità della natura umana e divina in Cristo) si mise a predicare che le due
nature del Cristo sono tra loro assolutamente divise e che quindi, a rigor di
termini, Maria avrebbe potuto essere chiamata soltanto "Madre dell'uomo
Gesù” o al massimo "Madre di Cristo", ma certamente non "Madre
di Dio" (Theotocos).
Il vescovo di Alessandria Cirillo
colse l'occasione per lanciare un attacco contro Nestorio. Le sue lettere
ebbero notevole risonanza e gli procurarono non pochi seguaci fra i monaci
egiziani, a Roma e presso la corte imperiale. Un sinodo romano nel 430 condannò
Nestorio. Cirillo diede maggior forza alla sua argomentazione dogmatica:
"Una è la natura del Logos divino incarnato".
Per gli antiocheni mancava nella sua
cristologia la dualità di Dio e uomo.
L'imperatore Teodosio II (408 450)
convoca il concilio a Efeso. E’ papa Celestino I. Viene invitato anche
Agostino, che era però già morto un anno prima dell’apertura del concilio che
fu convocato nel 431.
Sia i preparativi sia l'andamento
dei lavori furono agitati da turbolenze. Cirillo ricorse in qualche caso
addirittura alla forza. Arrivarono tutti a Efeso pochi giorni prima della
Pentecoste, e trovarono Nestorio già lì, sedici vescovi, i chierici che li
assistevano e parecchie guardie del corpo armate.
Cirillo si sentì l'autentico signore
del concilio, la cui guida non fu quindi certamente sotto la regola della più
rigorosa obiettività. Lo svolgimento del concilio mostra che egli era deciso a
portare alla vittoria quelle sue idee con metodi estremamente sospetti e
pericolosi. Ci furono tentativi di corruzione indegni di un vescovo del quale
il vecchio e saggio Tillemont ebbe a scrivere. “S.Cirillo è santo, ma non si
può dire che tutte le sue azioni siano sante”.
I vescovi orientali giunsero dopo
cinque giorni e i delegati romani dopo due settimane. Il sinodo di Cirillo
depose Nestorio che aveva rifiutato di presentarsi.
I delegati di Roma confermarono la
sentenza, gli orientali tennero un altro sinodo e deposero Cirillo. Il sinodo
di Cirillo rispose deponendo Giovanni di Antiochia e i suoi seguaci. La
confusione toccò punte addirittura grottesche. L'imperatore fa arrestare sia
Cirillo che Nestorio e Mennone. L’11 luglio i vescovi approvano la deposizione
di Nestorio. Il prete Filippo pronuncia le parole riprese dal concilio Vaticano
I: “Nessuno dubita che…Pietro…ha ricevuto le chiavi del regno di Nostro Signore
Gesù Cristo…è lui che vive ed esercita il potere di giudicare nella persona dei
suoi successori”.
L'imperatore sostenne alla fine il
partito maggioritario alessandrino e chiuse il concilio nell'ottobre del 431.
Alla fine aveva vinto il partito di Cirillo, dal momento che l'imperatore
tratteneva in carcere il solo Nestorio. Cirillo poteva contare sul sostegno di
vescovi metropolitani come quello di Efeso che mal tollerava la supremazia di
Costantinopoli, e quello di Gerusalemme che voleva rendersi indipendente da
Antiochia. La sua posizione incontrò pure il sostegno unanime dei fedeli,
portati a immaginare Cristo come Dio in forma umana e ad adorare la sua carne
incorruttibile nell'Eucaristia. I monaci poi si schierarono in prima linea a
difendere Cirillo. L'unico risultato del concilio fu la condanna di Nestorio e
la conferma del titolo 'madre di Dio': non venne formulato nessun testo e
nessun simbolo.
Sarà sempre motivo di rammarico il
fatto che ad Efeso non si sia arrivati ad una discussione oggettiva, concreta e
serena tra Nestorio e i suoi amici da un lato e Cirillo dall'altro. Forse si
sarebbe così chiarito che il contrasto teologico tra i due era condizionato in
maniera decisiva dalla mancanza di una terminologia precisa ed esattamente
determinata. Forse Nestorio avrebbe riconosciuto che la tradizione da lui
trascurata conosceva già molto bene il titolo di 'theotokos' e con esso la
comunicazione degli idiomi, e forse Cirillo avrebbe visto che Nestorio si era
impegnato seriamente nella comprensione dell'unità sostanziale delle due nature
in Cristo ed era così effettivamente più vicino all'ortodossia di quanto non
sembrasse. Il fatto invece che egli sia stato bollato con gli epiteti di 'nuovo
Giuda' e di 'sacrilego' grava su Efeso come un'ombra nera. Quando in seguito
Nestorio, durante il suo esilio, venne a conoscenza dell'Epistula ad Flavianum
di papa Leone, dichiarò subito in una lettera alla popolazione di
Costantinopoli che egli era pienamente d'accordo con la cristologia di Leone e
di Flaviano. La sua difesa non consente comunque di riconoscere alcun
sostanziale passo avanti rispetto alla posizione che aveva già raggiunto nel
431.
La persona e la dottrina di Nestorio
sono oggi di nuovo oggetto di accese discussioni. Alcuni lo presentarono come
ortodosso. Senza dubbio si può riconoscere a Nestorio personalmente una larga
misura di buona fede, ma la sua dottrina era tutt'altro che corretta, anche se
era più moderato dei capi della Scuola Diodoro e Teodoro. Fu fatale per lui
l'aver ignorato lo sviluppo che la cristologia aveva fatto con i Cappadoci e
Cirillo e l'essersi irrigidito sulle posizioni particolari della Scuola
antiochena.
In seguito alle severe disposizioni
del governo il nestorianesimo andò lentamente scomparendo nell'impero romano.
Nel 489 l'imperatore Zenone chiuse la scuola teologica di Edessa, allora sede
principale della dottrina nestoriana. I nestoriani non si arresero e diedero in
seguito vita ad una chiesa autonoma che prese la via dell'oriente,
sviluppandosi verso la Siria
e la Persia ,
per giungere alle lontane contrade dell'India (alla chiesa nestoriana
appartennero anche i cristiani di s. Tommaso) e della Cina già fra il VI e VII
secolo. I missionari dell'età moderna si imbatterono in fiorenti comunità
nestoriane del Malabar provenienti da quell'antico dissidio. Dal XIV secolo in
poi ebbe un rapido e forte regresso in seguito alle irruzioni dei Mongoli.
Durante la prima guerra mondiale venne in gran parte spostati e dispersi; in
combattimenti con i Maomettani dell'Irak, al quale stato furono assegnati nel
1931, molte migliaia di loro furono uccisi; 20 30.000 ripararono in Siria e a
Cipro, mentre una frazione minuscola, ebbe dal 1937 in poi una relativa pace.
Oltre a questi vi sono circa 150.000 cosiddetti 'cristiani caldei' uniti con
Roma (residenza patriarcale a Mossul, rispettivamente a Bagdad). Anche i
cristiani di s. Tommaso sono ora in maggioranza uniti (circa un milione); gli
altri passarono nel XVII secolo in gran parte al monofisismo (giacobiti).
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